BOLOGNA, MI CANDIDO PER TE

BOLOGNA, MI CANDIDO PER TE

Per tutto il tempo passato insieme.

Per le osterie, dentro e fuori porta, dove si beveva, fantasticava e progettava la vita. E tanta musica.

Per l’università, piantata al tuo centro da 900 anni, dove ho insegnato per decenni a migliaia di studentesse e studenti e promosso la sua internazionalizzazione.

Per chi in questi decenni con competenza, passione e sacrifici, ha usato la creatività per arricchire la tua offerta culturale, spesso in condizioni precarie.

Per gli spazi culturali diffusi di Bologna Sogna e il tempo che ho trascorso nei tuoi musei, teatri, cinema, biblioteche, circoli, e che mi ha dato tanto. Anzi, tantissimo.

Per il welfare, che dai primi asili nido l’ho visto allargarsi sempre più a tutte le fasce della popolazione.

Per avere reso democratico il digitale, con la rete Iperbole.

Per le prime pedonalizzazioni, che hanno creato molti mal di pancia.

Per la trasferta all’Olimpico del 1964, dove ho gioito per lo scudetto, e per le sfide di Basket City.

Per quando Umberto Eco proseguiva la lezione al bar in mezzo agli studenti.

Per il tuo futuro.

Per un futuro in cui accanto al dialogo digitale vi siano spazi sempre più liberi per stare insieme in presenza, con tempi più lenti tra parole, visioni, musica, davanti a un bicchiere.

Per un futuro con Unibo sempre più al vertice nella didattica e nella ricerca, sempre più attrattiva e in grado di trattenere qui i talenti migliori.

Per un futuro in cui si aprano spazi e residenze ai creativi, si elimini il precariato, si valorizzi la creatività artistica e quella delle industrie culturali.

Per un futuro in cui musei, teatri, cinema e biblioteche si aprano sempre di più a chi oggi non li frequenta.

Per un futuro in cui il welfare sociale si accompagni a quello educativo e culturale, dai laboratori didattici per giovani alle occasioni di socializzazione culturale per la popolazione fragile, anziana, sempre più sola.

Per un futuro in cui saremo capitale del più grande centro di calcolo nella nostra Data Valley, e anche la città che utilizza questa innovazione per migliorare i servizi e rendere le cittadine e i cittadini capaci di usarli.

Per un futuro in cui sarai in grado di offrire un’accoglienza di qualità allargata all’area metropolitana.

Per un futuro di prossimità, vivibilità urbane e pedonalizzazioni ben curate, con attenzione a chi le frequenta, a partire da bambini e bambine.

Per un futuro in cui ci darai un nuovo scudetto e il basket trionferà in Europa.

Per un futuro in cui l’urbanistica parta dalle esigenze di tutte le fasce della popolazione e dove la funzionalità si coniughi con la bellezza.

Per un futuro sostenibile in cui ci siano meno muri e più rapporti umani.

Per un futuro in cui ogni persona che arriva dal mondo si senta tua cittadina.

Per un futuro in cui quando vedi da lontano San Luca, ti senti arrivato a casa.

Mi candido per una città sostenibile, mappa di desideri, diritti, innovazione, per una città che costruisca la sua storia sempre guardando al futuro.

Per te mi candido.

Bologna, dalla parte del futuro.

Roberto Grandi

Candidato capolista della lista Matteo Lepore Sindaco (elezioni Consiglio Comunale di Bologna 3/4 Ottobre).

Già docente universitario, Assessore alla Cultura (Comune di Bologna), Pro Rettore alle Relazioni Internazionali (Università di Bologna), Presidente Istituzioni Bologna Musei.

#LeporeSindaco
#ScriviRobertoGrandi

Mummia oltre le bende

Mummia oltre le bende

Assistere in diretta dal vivo alle operazioni di restauro tessile di una mummia egiziana non è una esperienza che si può fare tutti i giorni. E’ possibile al Museo Civico Archeologico di Bologna nei giorni 16-18 giugno, 12- 16 luglio, 30 agosto e 3 settembre all’interno del progetto OLTRE LE BENDE: storia di un antico egiziano.

E’ una esperienza molto coinvolgente e unica, anche se non raggiunge i livelli di allegria e spettacolarizzazione dei party tenuti nei musei inglesi nell’Ottocento in occasione della apertura dei sarcofaghi egiziani.

Questo progetto riunisce biografie e istituzioni.

La prima biografia è quella della mummia, di cui si conosce poco, pur se è possibile delineare alcune caratteristiche fisiche e di stile di vita. Dapprima una TAC (effettuata presso il Dipartimento di Radiologia dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna) trasportando la mummia in ospedale all’interno di un apposito contenitore sigillato, in modo da non contaminare gli ambienti ospedalieri, successivamente l’indagine dell’Istituto per lo studio delle mummie dell’Eurac Research di Bolzano.

La mummia è di sesso maschile, alta 160-163 cm, morta in età matura, tra i 50-55 anni, con una discreta conservazione dei tessuti e delle strutture anatomiche. Non è morta per un atto violento, aveva perso 13 denti, non strano per il periodo e, tutto sommato, ha portato avanti una vita agiata. Utilizzando il metodo del radiocarbonio (14C) si è inoltre scoperto che i tessuti utilizzati per avvolgere il corpo, prelevati dal sudario e dagli strati inferiori del bendaggio della mummia, risalgono all’VIII-VI sec. a.C. Il corpo è stato bendato utilizzando un ricco apparato tessile, caratterizzato da due sudari sovrapposti, presumibilmente tinti di rosso (il colorante compare solo in alcune parti, più protette dalla luce), e da bende ricavate da teli di grandi dimensioni. Si ipotizza che questi teli siano appartenuti al defunto in vita, quindi carichi, nel viaggio nell’al di là, di una forte componente emotiva. Le bende sono danneggiate. Il restauro conservativo – affidato a Cinzia Oliva, fra i massimi esperti nel restauro dei tessuti antichi – si propone di stabilizzare lo stato di conservazione, arrestando il degrado del materiale mediante la rimozione delle cause principali (polvere, agenti inquinanti, stress meccanico, deformazioni) e recuperare l’integrità del bendaggio, sia dal punto di vista meccanico che estetico e di studiare l’apparato tessile.

La seconda biografia è quella di Pelagio Palagi (1775 – 1860), poliedrica figura di architetto, pittore, scultore e collezionista, che destinò per lascito testamentario al Comune di Bologna la sua straordinaria collezione di antichità egizie, greche, etrusche e romane. Pelagio Palagi acquistò questa mummia nel 1833, periodo in cui il mercato antiquario offriva opportunità di acquisto, sia per l’arrivo di consistenti nuclei di oggetti direttamente dall’Egitto sia per lo smembramento di importanti collezioni costituite nel XVIII secolo.

La terza biografia è quella di Giuseppe Acerbi (1773 – 1846) collezionistica, diplomatico e viaggiatore mantovano che soggiornò in Egitto dal 1826 al 1834, ricoprendo l’incarico diplomatico di Console Generale d’Austria. Acerbi ha donato al Comune di Mantova la propria Collezione egiziana che si compone di 414 oggetti.

Queste tre biografie si intrecciano perché alla conclusione del restauro conservativo, grazie a un accordo tra Istituzione Bologna Musei e Musei Civici di Mantova, la mummia sarà trasferita per cinque anni a palazzo San Sebastiano a Mantova ad arricchire la collezione Acerbi, all’interno di un processo di riorganizzazione delle collezioni civiche mantovane. MediterraneoAntico, testata giornalistica che si occupa di storia antica e archeologia, produrrà il materiale video-fotografico che, documentando le varie fasi del restauro, sarà utilizzato sia per la ricerca scientifica, sia per informare in tempo reale il pubblico amante dell’archeologica delle varie fasi dell’intervento conservativo.

 

Beni culturali e Big Data

Beni culturali e Big Data

ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico Istituzione Bologna Musei annunciano un importante accordo di collaborazione finalizzato a ottenere un’innovativa rilevazione dati nel monitoraggio del gradimento e delle modalità di fruizione di opere d’arte in ambiti museali, attraverso la sperimentazione e sviluppo di metodologie informatiche basate su applicazioni di Intelligenza Artificiale e Big Data.

Da oltre 20 anni ENEA, ente pubblico di ricerca italiano che opera nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie a supporto delle politiche di competitività e di sviluppo sostenibile, è impegnata in attività volte alla conoscenza, conservazione, valorizzazione e fruizione del patrimonio artistico e culturale del Paese, utilizzando competenze avanzate, tecnologie innovative, strutture di prova complesse, elevata capacità di elaborazione ed interpretazione dei risultati.


Si inquadra in questo lungo e proficuo percorso di applicazioni informatiche ad ampio spettro nel contesto dei beni culturali lo sviluppo del sistema denominato ShareArt per il quale il Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali di ENEA ha scelto come partner di progetto l’Istituzione Bologna Musei. In quanto sistema museale che riunisce un articolato e complesso patrimonio storico, artistico e culturale distribuito in 13 sedi espositive, oltre al Complesso Monumentale della Certosa, il sistema museale civico di Bologna si qualifica infatti come contesto ideale di sperimentazione e applicazione sul campo per la realizzazione di repository di informazioni eterogenee e personalizzate nelle fasi di acquisizione dati, conservazione e documentazione.


Sviluppato a partire dal 2016, ShareArt riesce a “misurare il gradimento” di un’opera d’arte attraverso la condivisione di molteplici informazioni. Lo fa non interrogando i fruitori dell’opera, bensì monitorando la registrazione nel tempo di alcuni indicatori. Una misura resa possibile dall’utilizzo delle nuove tecnologie e, più in particolare, da una tipica applicazione Big Data capace di ricavare informazioni esplorando grandi quantità di dati diversi.

La collaborazione tra ENEA e Istituzione Bologna Musei si inserisce quindi a pieno titolo in un ambito di ricerca e sviluppo, quello dei Big Data, di grande e attuale interesse per la Regione Emilia-Romagna, impegnata a realizzare un ambizioso progetto per concentrare nel Tecnopolo di Bologna una potenza di calcolo e un expertise di supercalcolo, Big Data e Intelligenza Artificiale di rilevanza internazionale.

“Attraverso una telecamera il sistema ShareArt rileva automaticamente i volti che guardano nella sua direzione acquisendo, contestualmente, una serie di informazioni relative al comportamento nell’osservazione delle opere d’arte come, ad esempio, il percorso compiuto per avvicinarsi all’opera, il numero di persone che l’hanno osservata, il tempo e la distanza di osservazione, il genere, la classe di età e lo stato d’animo dei visitatori che osservano. L’applicazione al mondo dell’arte di questo sistema, che cambiando la prospettiva rivolge la telecamera dall’opera verso il pubblico in modo che rilevi i volti che la osservano all’interno di un percorso museale, in una mostra temporanea, in una galleria o in un sito archeologico, consente di monitorare, tramite la generazione di dati oggettivi, il gradimento e la fruizione da parte dell’osservatore dell’opera e degli spazi antistanti la stessa”, spiegano i quattro esperti ENEA Stefano FerrianiGiuseppe MarghellaSimonetta Pagnutti e Riccardo Scipinotti che partecipano allo sviluppo del progetto.


Oltre a queste informazioni, il sistema ShareArt può essere utilizzato, in questa fase di emergenza Covid-19, per aumentare la sicurezza degli ambienti museali rilevando il corretto utilizzo della mascherina a protezione delle vie respiratorie e il distanziamento dei visitatori, attivando, in tempo reale, una segnalazione visiva per ricordare il rispetto delle disposizioni vigenti.


Il sistema si compone di una serie di dispositivi di acquisizione dati, oggi disponibili sul mercato a costi contenuti, che, provvisti di telecamera, raccolgono le informazioni e le inviano a un server centrale per l’elaborazione e l’immagazzinamento. Un’applicazione web consente la consultazione dei dati, consentendone un’analisi multidimensionale interattiva con tecniche OLAP (On-Line Analytical Processing).

A differenza di altri metodi di monitoraggio del pubblico dei musei, ShareArt non richiede alcuna attività da parte del visitatore né dispositivi da indossare che, agendo sul suo comportamento naturale, influenzerebbero i dati raccolti alterandoli. Inoltre, la tecnologia impiegata è compatibile con il regolamento GDPR sul rispetto della privacy perché non acquisisce né memorizza dati associabili a una persona fisica o che ne indichino la posizione geografica.

Per l’avvio del progetto a Bologna sono state individuate le Collezioni Comunali d’Arte situate al secondo piano di Palazzo d’Accursio. Nelle loro sontuose sale ambientate, un tempo adibite a residenza dei Cardinali Legati rappresentanti del potere pontificio, è possibile ammirare un ricco e variegato patrimonio di dipinti, sculture, mobili, arredi e suppellettili sedimentatosi nel tempo grazie a successive donazioni di magistrature cittadine e collezioni private.

I primi dispositivi, installati all’interno del percorso espositivo nel luglio 2020, hanno permesso di strutturare una più estesa rete di monitoraggio che, a pieno regime, andrà ad interessare complessivamente 20 opere dello stesso museo. Con tale numero significativo di 20 dispositivi, uno per ogni opera selezionata, si potranno raccogliere dati sufficienti per valutare oggettivamente il comportamento dei visitatori. L’impiego di algoritmi Big Data consentirà l’estrazione di informazioni significative mettendo in relazione la fruizione delle opere con caratteristiche dei visitatori.

Risulta evidente come i dati raccolti costituiscano un capitale informazionale molto prezioso per gli operatori museali, che possono così analizzare, con dati concreti, le modalità di fruizione delle opere esposte, evidenziando punti di forzaeventuali criticitàpossibili miglioramenti utili per ottimizzare l’esposizione delle opere stesse e il percorso di visita, misurando poi gli effetti delle azioni intraprese.
“Vi sono domande che si rincorrono tra le mura di un museo. In cosa consiste il gradimento di un’opera? Quali sono le variabili personali e ambientali che influiscono su questo gradimento? – osserva Roberto Grandi, presidente Istituzione Bologna Musei – Le risposte tradizionali sono troppo approssimative. Ecco allora che l’Istituzione Bologna Musei ed ENEA hanno considerato alcune sale delle Collezioni Comunali d’Arte come un laboratorio sul campo per approfondire le dinamiche della fruizione in presenza delle opere in relazione al contesto spazio-temporale. Non solo il modo di osservare, ma anche come si arriva all’opera, quanto la si osserva. Sono comportamenti che aiutano i curatori dei musei a comprendere meglio i comportamenti dei visitatori e i ricercatori ad approfondire le dinamiche della percezione del gradimento attraverso la raccolta e la elaborazione di un grande numero di dati. È un percorso affascinante e siamo soddisfatti di poterlo affrontare con una istituzione scientifica di eccellenza come ENEA”.

“Uno degli aspetti che ritengo importante sottolineare 
– commenta Maurizio Ferretti, direttore Istituzione Bologna Musei – è come nello sviluppo del progetto la collaborazione tra le professionalità scientifiche e tecniche di ENEA e quelle curatoriali museali dell’Istituzione Bologna Musei sia stata sempre molto fluida e facile. Credo che in ciò abbia contribuito il comune approccio razionale nei confronti delle sfide – seppure caratterizzate dai diversi settori di attività – e il comune atteggiamento di orientamento al risultato”.

 
In tutto il mondo, oggi per molti archivi, biblioteche e musei trarre vantaggio dall’enorme potenziale che l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione permette non rappresenta più una possibilità ma una necessità fondamentale per portare avanti la propria missione e garantire un futuro di conservazione e condivisione pubblica delle proprie risorse.

Si tratta di una sfida che apre una dimensione completamente nuova e inimmaginabile fino a pochi anni fa per raggiungere tanto il pubblico tradizionale quanto un pubblico nuovo. Una sfida non solo di natura meramente tecnologica ma di consapevolezza che riguarda la ragione stessa di esistere delle istituzioni impegnate nella trasmissione della conoscenza e della memoria.

Grazie alla prestigiosa partnership con ENEA nel progetto ShareArt, l’Istituzione Bologna Musei ha dunque l’opportunità di incrementare, sia sul piano quantitativo che qualitativo, le attività di raccolta dati e analisi del pubblico negli ambiti di interesse della percezione e dell’interazione verso i propri spazi e percorsi, confermando l’apertura verso gli approcci più innovativi offerti dalle tecnologie digitali in un costante orientamento al visitatore, all’accessibilità degli spazi espositivi e al miglioramento del racconto museale.

 

Uno spettro si aggira per Bologna

Uno spettro si aggira per Bologna

“Ci siamo iscritti a questa Facoltà nuova che poi non era una Facoltà, ma qualcosa di facoltativo, non capiamo bene se è roba per fighetti, o un buco dove qualsiasi sbandato poteva intrufolarsi e rifarsi la buccia.

E’ andata che siamo finiti al DAMS, e ci sembra che tutti questi anni se ne stiano lì fuori dalla porta fatti e finiti, fino a quell’anno in cui tutto successe”.

Matricola 13 (autore singolo o autore collettivo?) così introduce “Un breve manuale dadadams. Scritto al presente” Con l’intenzione esplicita di resuscitare “gli artefici caduti nell’oblio”. Un pamphlet con inedite falsità e dimenticate verità.

Nelle celebrazioni per i 50 anni del DAMS la parola è a quelli noti, che hanno frequentato il DAMS, o più spesso lo hanno solo sfiorato. Poi alla mostra No Dams si susseguono foto e video in cui sono presenti tanti volti di studenti, di cui si è persa traccia.

Matricola 13 dà voce a questi volti che narrano in maniera ironica, tragica, caustica, surreale, situazionista, dadamsiana -col corredo di testimonianze di prima mano, o anche di seconda, di ambigua attribuzione, in ogni caso sempre in bilico tra vero e verosimile- i primi anni del DAMS. Quelli dal 1971 al 1979. Gli anni della Guerra Incivile del DAMS.

Un DAMS caratterizzato da uno spreco umano debordante.

“Lo spreco di DAMS: una gioventù accattona che non gli frega di diventare commercialista.

Arte, solo arte di corpi confusi, ad arte.

Vite sprecate nella notte, dove ci si allena a stare il più svegli possibile in una città che è come una scenografia messa su da Escher, e poi al sorgere della luce cammini chilometri finché non ti viene fame, allora entri in aula con un panino, ti siedi, ti riposi, e mastichi aspettando che qualcuno ti spieghi Greimas, o anche basta Paolo Fabbri che ci guarda tutti che gli facciamo schifo ma lui sorride sempre…

E poi di nuovo la notte, una bottiglia di rosso in quattro e ancora panini, panini…giorno, piatto caldo alla mensa universitaria, merda a 500 lire.

Nessuna vita è stata sprecata meglio che nel DAMS, lì nessun studente è stato maltratto, nessun docente è stato infilzato in una vergine d’acciaio accademica. Giammai una lezione diventa fare una lezione, solo ascoltare una voce sul fondo davanti a una lavagna, drammaturgia? Semiologia? Istituzioni di regia? Che differenza fa?”

Linguaggio e pensieri ibernati per 50 anni. Risveglio. Guardarsi attorno. Sorpresa e disgusto.

“Ma voi ci avete fatto caso a quelle biografie Wikipedia, cv o altro, di gente che si vergogna di dire che ha fatto il DAMS e suonano cose del tipo ‘si è laureato in Lettere indirizzo semiotico, ha studiato con Eco’, et varie e simili. Questi qua fanno quasi sempre gli intellettuali di professione, casomai accademici. Questi/queste qua, che sfuggono all’acronimo, e vanno in giro a fare convegni, lezioni e pubblicano saggi e articoli, quando erano giovani si vergognavano anche di esserlo?”

Poi le matricole 13 si annusano, si cercano, si contano. Chi risponde e chi manca all’appello.

“Gli studenti che si sono sprecati nel DAMS dei settanta oggi sono metà morti per cattiva manutenzione e metà vivi per eccesso di ottimismo. Abbandonando tutte le posizioni mai la meta fu così vicina.

L’ha detto per tutti Matteo Guerrino “La Rivoluzione è Finita, abbiamo Vinto!”

Uno spettro si aggira per Bologna.

 

Matricola 13. Sulla guerra incivile del DAMS. 1971/1079. Modo Infoshop. Bologna. Euro 3