Intervista a Roberto Grandi – CLIONET

Intervista a Roberto Grandi – CLIONET

Fotografia, musei e patrimonio: uno sguardo integrato tra pubblico e privato

Quali possibili legami esistono tra fotografia, musei e patrimonio?

La fotografia attiva una funzione rappresentazionale, presentandoci immagini che percepiamo come riproduzione della realtà, e una funzione costruttiva, in quanto è attraverso quelle immagini che conosciamo la realtà di cui non abbiamo una esperienza diretta. Queste due funzioni sono il riflesso ambiguo, per esempio, della scelta di una certa inquadratura rispetto ad un’altra: perché rendere visibile solo questa porzione di realtà, perché non farci conoscere di più, allargando l’obiettivo? In molti casi, più che rappresentare la realtà l’immagine la costruisce.

La funzione rappresentazionale è rilevante per i musei in quanto la fotografia viene spesso considerata come una importante fonte di documentazione per l’attività conservativa e di promozione. Ci sono musei abitati da oggetti materiali, la cui storia è conservata e riprodotta spesso dalla documentazione fotografica, come, per esempio, nel Museo del Patrimonio Industriale che narra la storia sociale e materiale dello sviluppo industriale e imprenditoriale del territorio. In quasi tutti i musei, poi, sono conservate collezioni fotografiche che non fanno necessariamente riferimento a ciò che è presente nelle collezioni permanenti. In questi casi queste collezioni fotografiche sono esse stesse parte della collezione permanente.

Fotografie storiche di oggetti d’arte asiatici al Museo Medievale, fotografie della vita quotidiana del periodo post risorgimentale al Museo del Risorgimento. In altri casi le fotografie documentano l’attività che ha portato al reperimento di ciò che è custodito nel museo, una sorta di meta comunicazione, come le foto degli scavi archeologici presenti al Museo Archeologico. Queste e molte altre sono le funzioni ricoperte dai patrimoni fotografici dei nostri musei.

Una buona parte della documentazione fotografica conservata nei musei è però relativa alle stesse opere che vi sono conservate, una documentazione che viene spesso digitalizzata per fare conoscere i patrimoni dei musei. Ciascun museo conserva e produce secondo la sua vocazione e interessi specifici. Per i musei d’arte contemporanea, come il MAMbo, la fotografia è in primo luogo uno strumento di espressione artistica che si accompagna alla produzione di fotografie utili a documentare le opere d’arte conservate.

I monumenti del Cimitero della Certosa di Bologna, ad esempio, sono documentati quasi interamente attraverso la fotografia, immagini proposte sul sito “Storia e memoria di Bologna” accompagnate da testi che descrivono la biografia di chi è ritratto nel monumento funebre, la biografia dell’artista del monumento e altri utili dati di contesto. La Certosa è nella sede attuale dal periodo napoleonico, quindi dall’inizio dell’Ottocento, ed esaminare questo tipo di patrimonio significa analizzare una parte importante, pur se meno nota, della storia della città.

 

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L’importanza della funzione pubblica

L’importanza della funzione pubblica

Intervista a cura di Francesco d’Errico per HMCF

Roberto Grandi, già Assessore alla Cultura di Bologna dal ’96 al ’99 e Professore Ordinario di Comunicazioni di Massa e di Comunicazione Pubblica all’Alma Mater è, dal 2016, Presidente dell’Istituzione Bologna Musei. Per il Professor Grandi il museo è un luogo che i residenti dovrebbero vivere e frequentare abitualmente, uno spazio in cui comprendere il presente per poter leggere il futuro, in cui muoversi con la stessa naturalezza con cui si entra ed esce da H&M o Zara e non da assaltare con visite sporadiche ed eterne. Fiero della funzione pubblica della sua Istituzione e convinto dell’importanza di collaborare con le altre realtà pubbliche cittadine, il Presidente ritiene comunque fondamentale la partecipazione dei privati allo sviluppo culturale della città.

Mentre punge i “radical chic” che criticano il quadrilatero del food – che viene un po’ mal visto per via della presenza di taglieri di salumi e… l’assenza di chef stellati -, propone di affiancare simbolicamente ad esso il quadrilatero della cultura, coinvolgendo tutte le realtà pubbliche che gravitano intorno a Piazza Maggiore; dall’Archiginnasio, alle collezioni di Palazzo d’Accursio, dal Museo Archeologico al futuro Cinema Modernissimo e alla Sala Borsa per creare “una delle più grandi concentrazioni culturali cittadine a livello globale”. Bologna secondo le sue ricerche sul City Branding della città, è percepita come una “real city” dai turisti, ma molti dei suoi luoghi di cultura risultano ancora troppo invisibili, e per verificarlo non bisogna andare molto in là per accorgersene: “Piazza Maggiore è l’esempio classico”, ci ha detto, “Non c’è neanche un cartello o una insegna che indichi le Collezioni Comunali d’arte collocate al secondo piano di Palazzo d’Accursio”.

Al di là dei musei e dello sviluppo culturale in città, con l’ex Assessore abbiamo parlato anche di rapporti tra la Cina e Bologna, di centri sociali e creatività e di come, molto spesso, purtroppo, la buona volontà negli interventi artistici contemporanei, non sia sufficiente e forse addirittura dannosa.

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