Nel mondo la maggioranza delle persone percepisce un incremento della migrazione nel proprio paese. Questo fenomeno è giudicato positivo da molti, ma non da tutti. Il contesto nazionale, l’età, il livello di istruzione e l’ideologia influenzano questo giudizio.
Il Pew Research Center ha intervistato oltre 30.000 persone in 27 paesi che ospitano più della metà dei migranti del mondo.
Il 70% di questa popolazione dichiara che negli ultimi venti anni la diversità indotta dai processi migratori nel proprio paese è effettivamente aumentata. La mediana in Europa è superiore: si colloca all’82%. La più elevata è tra i greci (92%) che in questi ultimi anni sono stati al centro di vari flussi di immigrazione. Anche gli italiani hanno una percezione elevata (81%), non superiore, però, agli svedesi, tedeschi, spagnoli, inglesi, olandesi che si collocano tutti tra l’80% e l’88%. Percentuale analoga tra i paesi non europei: Canada, Corea del Sud, Australia, Indonesia. Polonia (61%) e Ungheria (54%) hanno invece percentuali ben al di sotto della mediana europea.
A chi ha percepito un incremento della diversità interna al proprio paese è stato domandato se lo giudica un fatto positivo o negativo.
Diversamente da come possiamo pensare dal nostro osservatorio italiano, la mediana a livello mondiale dei favorevoli a una maggiore eterogeneità della popolazione interna è 45% contro 23% che la giudica in maniera negativa. Negli Stati Uniti, dove Trump ha imposto alla agenda politica la costruzione di un muro che separi il proprio paese dal Messico, la distinzione tra favorevoli e contrari è ancora più marcata: 61% verso 17%.
Gli Europei sono più ambivalenti. In soli due paesi tra quelli che più percepiscono l’incremento della diversità la percentuale di chi la considera negativamente ( Grecia 62% e Italia 45%) supera quella di chi la considera positivamente (17% e 26%). Negli altri paesi europei in cui i cittadini, come abbiamo visto, hanno una elevata percezione dell’aumento della diversità, simile all’Italia, i pareri positivi superano invece quelli negativi. Olanda, di poco, 36% vs. 41%. Svezia e Germania rispettivamente 30% e 32% contrari contro 56% e 50% a favore. Chi smentisce con più decisione l’esistenza di una correlazione tra alta percezione di incremento di diversità interna e alta percentuale di giudizi negativi sono il Regno Unito e la Spagna con 20% e 23% contrari e ben 62% e 58% favorevoli. Abbiamo visto che in Polonia e Ungheria la percezione dell’incremento della diversità è tra le più basse in Europa (61% e 54%); a questo corrisponde un quasi equilibrio tra contrari (25% e 27%) e favorevoli (28% e 20%).
Al di là della variabile determinata dal contesto di ogni nazione quanto variabili quali l’età, l’ideologia e i livelli di istruzione incidono sulla propensione alla accettazione o al rifiuto di una maggiore diversità nel proprio paese?
In più della metà dei paesi del sondaggio i giovani esprimono giudizi più positivi degli anziani. In Italia, per esempio, la percentuale dei favorevoli decresce passando dai 18-29 anni (44%), 30-49 anni (32%), oltre 50 anni (17%). Il gap tra la percentuale a favore tra i più giovani e i più anziani è superiore a 20 punti percentuali in Italia, Australia, Brasile, Messico, Regno Unito e Giappone.
Un’altra variabile individuata è l’auto collocazione politico-ideologica.
In 11 dei 18 paesi dove questa variabile è stata analizzata, chi si definisce di sinistra è più favorevole all’incremento della diversità interna rispetto a chi si colloca a destra. Tra chi si riconosce nei partiti di estrema destra del proprio paese la distanza maggiore è in Svezia: contrari 73%, favorevoli 24%. Un divario tra il 24% e il 27% in Germania (56% contrari, 29% favorevoli), Olanda (50% vs., 24%), Regno Unito (68% vs. 43%), Francia (52% vs. 28%).
L’altra variabile che incide sulla visione positiva o negativa dell’aumento della diversità interna è il livello di istruzione.
In 19 dei 27 paesi del sondaggio le persone con livelli di istruzione superiore esprimono un parere più positivo rispetto a chi ha una istruzione inferiore. In Europa la sola eccezione è l’Ungheria dove questa variabile non ha alcuna incidenza. La maggiore significatività, sempre in Europa, è stata individuata in
Spagna (a favore della diversità il 50% dei meno istruiti e il 74% dei più istruiti) e in Germania (44% vs. 65%). Una incidenza significativa del livello di istruzione è stata individuata anche in paesi con un basso giudizio positivo sull’incremento della diversità interna. In Grecia la percentuale dei favorevoli tra i meno istruiti è 14% verso 24% favorevoli; in Italia 24% verso 40%; In Polonia 25% vs. 38%.
In conclusione, la maggioranza delle persone è consapevole che i sempre più intensi flussi migratori aumentano la diversità interna al proprio paese. A questa constatazione seguono giudizi positivi o negativi. Questi giudizi sono influenzati dai contesti nazionali, dall’età, dal livello di istruzione e dalla collocazione ideologica. La Grecia e l’Italia sono i due paesi in cui il contesto nazionale incide più profondamente sulla prevalenza dei giudizi negativi rispetto alla influenza delle altre tre variabili.