Come le popolazioni hanno giudicato il modo in cui il proprio paese ha reagito alla pandemia scatenata dal Covid-19? Una maggiore cooperazione internazionale sarebbe stata utile?

A queste domande ha risposto un sondaggio del Pew Research Center che ha interessato 14 tra i paesi (Europa, Nord America, Australia, Giappone, Corea del Sud) economicamente più avanzati.

Le politiche anti Covid-19 adottate da ciascuna nazione sono state, come sappiamo, tra loro molto differenti, con conseguenze pratiche diverse per le popolazioni. A fronte di questa eterogeneità di scelte la percezione delle popolazioni è stata sostanzialmente positiva.

Una mediana del 74% ha infatti giudicato positivi gli interventi dei propri governanti.

Non dobbiamo però farci ingannare. Vi sono state sì percezioni positive: oltre l’86% in Danimarca, Australia, Canada, Germania, Olanda, Corea del Sud. Ma vi sono state percentuali anche al di sotto del 50%: Regno Unito (46%) e Usa (47%). Tra il 50% e il 60%: Spagna (54%), Giappone (56%), Francia (59%).

L’Italia è il paese in cui le opinioni corrispondono alla mediana, con un 74% di condivisione delle misure prese dal governo.

I paesi in cui i pareri negativi hanno superato quelli positivi, come è avvenuto nel Regno Unito e negli Stati Uniti, sono non a caso quelli che, anche a parere di Pew Research Center, hanno una elevata polarizzazione politica. Negli Usa, infatti, il 76% di chi è vicino ai Repubblicani giudica positiva l’azione anti Covid-19 del presidente Trump, tra i Democratici solo il 25%. Questo delta del 51% è la conferma della grande divisione nel paese. Nel Regno Unito il giudizio positivo sulle scelte di Boris Johnson ha raggiunto il 56% tra i conservatori ed è sceso al 26% tra i progressisti. Questa contrapposizione guidata dalla opinione politica si è presentata anche in Spagna, guidata da un governo di centrosinistra: il 76% di chi è su posizioni progressiste ha approvato le scelte del governo, solo il 40% da chi si dichiara conservatore o di destra.

Se nei tre casi precedenti la differenza di opinione secondo divisioni ideologiche era in percentuali elevate tra il 30% e il 51%, in altri casi questa differenza non ha superato il 20%, segno di una incidenza minore della scelta ideologica rispetto alla adozione di variabili di giudizio più pragmatiche sui risultati ottenuti.

Chi ha posizioni più progressiste e di sinistra ha approvato le azioni dei propri governi con percentuali superiori a chi è su posizioni conservatrici e di destra in Italia del 18%, Svezia del 17%, Corea del Sud del 15%.

Un altro tema approfondito nella indagine fa riferimento all’opinione emersa nei mesi scorsi che una maggiore cooperazione internazionale avrebbe ridotto i casi di coronavirus.

I paesi scettici sull’utilità di questa cooperazione sono: Danimarca (78%), Australia (59%), Germania (56%), Giappone (53%), Canada ( 51%). Quelli che pensano che la cooperazione internazionale sarebbe stata utile con percentuali tra il 60% e il 70%: Belgio, Regno Unito, Spagna, Francia, Olanda Svezia. Con percentuali minori, ma sempre maggioritarie a favore della cooperazione internazionale, Usa (58%) e Italia (54%).

In 13 paesi i giovani tra i 18 e i 29 anni sono quelli più convinti della positività di una cooperazione internazionale per battere il coronavirus. Unica eccezione la Corea del Sud dove gli oltre 50 anni sono convinti al 63% e i giovani al 54%. In Italia il parere favorevole è al 50% tra le due classi di età 30-49 e oltre 50 anni e del 77% tra i 18 e i 29 anni.

Dai risultati della ricerca emerge che là dove la contrapposizione ideologica interna a un paese è maggiore, minore è stato il giudizio positivo su quanto fatto dal governo per fronteggiare il Covid-19 e

che i giovani sono fermamente convinti che una maggiore cooperazione internazionale sarebbe servita per diminuire le conseguenze negative del coronavirus.