Cia, Nelson Rockfeller e MoMA (Museum of Modern Art di New York) hanno anticipato negli anni ’50 ciò che oggi è sempre più di moda, il Soft Power.
Partendo dalla constatazione che la potenza internazionale degli stati si compone sia di aspetti materiali (risorse economiche e militari) che immateriali (cultura e valori) Joseph Nye nel 1990 ha parlato, per primo, di soft power. Lo ha definito come la capacità degli stati di aumentare la propria reputazione internazionale e l’attrattività e diffusione dei propri valori, modelli culturali, pratiche politiche senza la necessità di impiegare la forza né incentivi economici. La seduzione sostituisce la coercizione. La seduzione culturale va progettata in maniera meticolosa con buone dotazioni di mezzi e spesso attraverso operazioni coperte e segrete.
Nel 2015 una puntata della serie televisiva di Bottega Finzioni su Sky Arte, “Le Muse Inquietanti” a cui ho partecipato, era incentrata sul rapporto tra l’artista statunitense Jackson Pollock e la Cia.
Questa relazione, inserita nel contesto più ampio dei rapporti tra Cia, Moma e Espressionismo Astratto, è approfondita nel libro di Jennifer Dasal ArtCurious: Stories of the Unexpected, Slightly Odd, and Strangely Wonderful, appena pubblicato da Penguin Books.
La Cia, fondata nel 1947, includeva al proprio interno la divisione Propaganda Assets Inventory, costola della guerra psicologica posta in atto per promuovere opinioni e atteggiamenti favorevoli agli Stati Uniti nel clima di Guerra Fredda. Questa divisione della Cia ha creato nel 1950 il Congress for Cultural Freedom (CCF), una operazione dell’intelligence rimasta coperta fino 1966. Il CCF, che doveva apparire come legato a musei o organizzazioni artistiche, aveva uffici in 35 paesi, stipendiava decine di persone, pubblicava più di 20 riviste di prestigio, organizzava esposizioni d’arte, aveva un proprio servizio per la diffusione delle notizie e articoli di opinione, organizzava conferenze internazionali e ricompensava musicisti e altri artisti con premi e pubblici riconoscimenti.
Jennifer Dasal ricorda che “il museo maggiormente coinvolto fu il MoMA, grazie alla partecipazione di Nelson Rockfeller, politico, filantropo e futuro vice presidente degli Usa, con Gerald Ford. Rockfeller e il MoMA vanno mano nella mano, in quanto la madre è stata una delle co-fondatrici della istituzione, che Nelson chiamava Mommy’ Museum. D’altra parte Rockfeller aveva familiarità con i servizi segreti essendo stato coordinatore dell’ Inter-American Affairs for Latin America durante la seconda guerra mondiale, un’altra agenzia di propaganda”.
Grazie alla presidenza del del board del trustees del MoMA, Rockfeller rese possibile l’organizzazione di alcune delle mostre di maggior successo del CFF, compresa la grande mostra del 1958‒59 “The New American Painting.”
La Cia ha quindi usato l’espressionismo astratto come un’arma utile della guerra fredda e come prova della creatività, della libertà intellettuale e del potere culturale degli Usa.
Alla confluenza dell’Astrattismo e del Surrealismo, l’Espressionismo Astratto si diffonde negli anni ’50 e diventa emblema dell’arte americana. Manifestazione di un modo di sentire di una nuova generazione accomunata soprattutto dal rifiuto delle strutture politiche e sociali dominanti in quell’epoca. Si assiste a un cambiamento nell’iconografia astratta. Non più forme regolari, ma macchie, segni, sbavature e pennellate libere, basate su valori tonali puri e contrastanti, indice della individualità dell’artista, suo punto di vista emozionale.
La Cia lo individuò come un apporto specificamente americano all’arte moderna e lo promosse nel mondo all’oscuro degli artisti che lo portavano avanti che avrebbero rifiutato, se ne fossero venuti a conoscenza, di essere utilizzati come strumenti di propaganda del governo statunitense.
Gli obiettivi della Cia erano, in primo luogo, contrapporre al realismo sovietico figlio dell’ideologia comunista, un’arte aiconica e promuovere una visione degli Usa come terra della libertà di espressione, leader nelle arti e nella cultura contro un’Europa vecchia che stava perdendo il ruolo che aveva detenuto fino alla fine della seconda guerra mondiale.
L’ Espressionismo Astratto veniva propagandato anche per ripulire l’immagine culturale americana dal bigottismo maccartista: l’America è aperta alla cultura e all’arte della critica attraverso l’esportazione non
del mainstream conservatore ma della cultura liberal di New York. Una operazione di mistificazione propagandistica che funzionò bene.
La mostra principale e di maggior successo organizzata dal CFF sotto gli auspici del MoMA fu “The New American Painting” che viaggiò all’estero per un anno toccando le principali città dell’Europa occidentale, tra cui Londra, Parigi, Berlino, Milano. “Questo tour nei paesi amici degli Usa ricopriva una funzione strategica. Era un modo per cementare l’alleanza tra i partner della Guerra Fredda e promuovere la tanto decantata preminenza culturale degli Stati Uniti per la prima volta nella storia”.
Oggi a operazioni coperte di questo tipo da parte dei servizi segreti, che scopriremo solo in futuro, si accompagnano modalità più visibili e spettacolarii di soft power e diplomazia culturale come l’apertura di filiali dei grandi musei occidentali in paesi con tradizioni culturali molto diverse.